Maggio 1992, avevo 21 anni

23 03 2009
di Enorbalac
Maggio 1992, avevo 21 anni allora, fidanzato da appena un mese. Ero uno studente universitario, uno dei tanti studenti universitari meridionali dal futuro incerto. L’amore era al centro del mio universo, poi l’amicizia, lo studio, i sogni, le speranze, che solo un ragazzo di quell’età riesce a vivere in maniera così intensa da non lasciare spazio ad altro se non alle proprie passioni. La passione più importante, da sempre, era quella per la mia terra, poiché la rinascita del meridione avrebbe contribuito a ridare dignità ed orgoglio ai meridionali che per troppo tempo sono stati doppiamente vittime, vittime del fenomeno mafioso ma anche vittime dei pregiudizi e dei luoghi comuni da parte di chi, per ignoranza, identificava l’intero popolo meridionale con la mafia, come se tutti in un certo qual modo fossimo legati direttamente o indirettamente alla mafia. In quegli anni il meridione viveva per la prima volta un certo fermento politico e culturale. C’era voglia di rinnovamento, di riscatto sociale, si stava sempre più confermando quella che in seguito venne definita la Primavera di Palermo. Palermo non era più la capitale della mafia ma, lentamente e progressivamente, stava diventando una città normale.
La normalità non è una caratteristica tipica delle città del sud, poiché generalmente sono raccontate e filmate attraverso storie di mafia, di criminalità, di violenza che, sono eccezioni rispetto alla vita reale della popolazione meridionale, poiché è una popolazione aperta all’accoglienza, alla solidarietà, alla cultura nel senso più ampio del termine. Palermo dunque come città simbolo del cambiamento e della rinascita meridionale. Vi erano le persone giuste al posto giusto, Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo, Padre Ennio Pintacuda figura religiosa che aveva ispirato e aveva contribuito in maniera fondamentale alla nascita di alcuni importanti movimenti politici e poi Antonino Caponnetto capo ispiratore di un pool di giovani magistrati, determinati, caparbi, ambiziosi, tra i quali emergeva, per competenze professionali ma anche per un carattere battagliero e spavaldo che , a volte, rasentava l’antipatia, Giovanni Falcone.
L’esplosione di Capaci del 23 maggio 1992, fu una scossa tremenda nelle coscienze di ognuno di noi. Non potevamo rimanere più indifferenti, non potevamo più far finta di non aver visto, di non aver sentito. Così la nostra attenzione si concentrò sui “sopravvissuti”. Imparammo persino il suo nome,fino a farlo diventare a noi familiare, Borsellino. Era un giudice dalla figura scarna, riservata, dallo sguardo triste e sfuggente di chi sa di avere poco tempo a disposizione per rendere giustizia ad un amico. Abbiamo seguito ogni suo passo, ogni suo gesto, ogni sua parola, ma ciò non è bastato a renderlo immune, ancora una volta in quella calda estate, un forte boato misto al suono delle sirene ci riportava ad una triste realtà.
Sono passati gli anni e quello studente del 92 è diventato un uomo, un libero professionista… molti sogni, molte speranze sono andate disilluse ma la passione, il coraggio, il candore, l’onestà intellettuale con cui porto avanti le mie battaglie, sono rimaste le stesse, anzi nel tempo si sono fortificate perché è cresciuto il senso di responsabilità verso le nuove generazioni che non hanno vissuto quegli anni. E’ sempre più forte l’esigenza di testimoniare con i nostri racconti, ma soprattutto con la nostra vita ed il nostro impegno quotidiano e costante, il sacrificio di agnelli sacrificali all’altare della libertà e della legalità, come Falcone, Borsellino e tanti altri  che sarebbe impossibile nominare tutti. Di fronte alla sfacciataggine,
all’ipocrisia, alla retorica di chi si prepara a commemorare gli ennesimi anniversari di stragi, dobbiamo dunque contrapporre tutto il nostro disappunto, dobbiamo cercare di non lasciare solo Paolo… almeno questa volta!
ENORBALAC

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